N° 112

 

VIVA LAS VEGAS

 

 

1.

 

 

            La donna giapponese in costume bianco si fa chiamare Lady Bullseye ed è una delle più micidiali killer a pagamento che esistono sulla piazza. È stata addestrata dalla leggendaria setta di ninja conosciuta come la Mano e possiede abilità di livello superumano come la capacità di mascherare i suoi segni vitali ai sensi umani ed ai sensori artificiali.

            La donna dai capelli rossi in costume scuro che la fronteggia è nota come la Vedova Nera, è russa, anche se naturalizzata americana. Non ha poteri particolari ma ha ricevuto un addestramento superbo in ogni forma di combattimento corpo a corpo e nell’uso di qualunque tipo di arma.

-E così, Lady Bullseye, hanno mandato te ad uccidere Harold Howard.- dice alzandosi lentamente dalla poltrona dove è stata seduta in attesa finora -Peccato per te che ci sia io al suo posto.-

-Vorrà dire che dovrò uccidere te prima di lui.- replica Lady Bullseye.-

-Non essere così sicura di te. Devo ricordarti che l’ultima volta che ci siamo scontrate hai perso?-[1]

-Non eri da sola e senza Kabuki e la sua squadra avresti assaggiato tu la sconfitta.-

-Chiacchiere, chiacchiere, vuoi stordirmi con le parole forse?-

            Lady Bullseye serra le labbra poi scatta in avanti brandendo la sua spada e lanciando un grido di guerra.

La Vedova se lo aspettava e si è gettata prontamente a terra. Anche così la lama della sua avversaria le sfiora la schiena. L’ex superspia russa rotola sul pavimento e lancia alla sua avversaria una scarica del suo morso di vedova alla massima intensità.

-Questo… non è… stato… leale.- balbetta Lady Bullseye poi cade riversa sul pavimento.

            Natasha Romanoff si rialza e dice:

-Questa è una guerra non un pranzo di gala, ragazzina. Non c’è spazio per la lealtà o la sportività.-

 

            Il mio nome è Matt Murdock. Quando avevo 15 anni un incidente causato da un camion che trasportava materiale radioattivo senza rispettare le norme di sicurezza mi ha reso cieco ma al tempo stesso ha potenziato i miei rimanenti sensi a livelli superumani donandomi anche uno straordinario senso radar che mi permette di cogliere i contorni delle cose intorno a me. Ho deciso di usare questi poteri per il bene comune nei panni del supereroe chiamato Devil, l’Uomo senza Paura.

            È proprio nei panni di Devil che sono penetrato furtivamente in una certa suite di un lussuoso hotel di Las Vegas sistemandomi su un comodo divano ed aspettando.

            La mia attesa finalmente termina quando sento aprirsi la porta di ingresso ed entra un uomo dal fisico tozzo e massiccio affiancato da due donne.

-Buonasera Mr. Dietrich.- dico a voce sufficientemente alta -Non pensavo che fosse il tipo da ore piccole.-

            Il cuore di tutti è tre ha un sobbalzo. È chiaro che sono stati colti di sorpresa. Dietrich accende la luce, non che per me faccia molta differenza. Il suo cuore batte come un tamburo, il suo respiro è come un mantice.

 Sento le due ragazze frugare nelle loro borsette ed estrarre velocemente le loro pistole. Il mio bastone ne colpisce una al polso facendole cadere di mano l’arma quindi fa lo stesso con l’altra ragazza per poi ritornare nella mia mano destra. Bel trucchetto, non è vero?

Dietrich ha recuperato la sua compostezza ed avanza nella stanza dicendo:

-Che cosa vuoi, Devil?-

-Solo darti un consiglio, Dietrich.- rispondo -So che ci sei tu dietro i tentativi di uccidere il Maggiore Libertà e Suzy Berengetti dell’altro giorno.-

-Non puoi provarlo.-

-Non adesso forse ma in futuro, chissà… in ogni caso non mi interessa ora. Ti parlavo di un consiglio, eccolo: abbandona i tuoi piani quali che siano e tornatene in Europa assieme alle tue ragazze o finirai per pentirtene.-

-Sembra una minaccia.-

-Chiamiamolo, piuttosto, un avvertimento. Vuoi inghiottire un boccone troppo grosso anche per la tua organizzazione. Se insisti finirai con lo strozzarti.-

-Sei davvero così sicuro che non posso vincere?-

-Chiedilo alla killer che hai inviato ad uccidere Harold Howard. Prova a chiamarla.-

            Per la prima volta la sua sicurezza vacilla. Posso quasi sentire l’odore della sua incertezza. Sto bluffando? O magari ho in azione un registratore per poterlo incastrare? Alla fine la curiosità ha la meglio sulla prudenza e Dietrich compone un numero sul suo cellulare.

            Uno squillo, due, tre, quattro, cinque, poi, finalmente una voce di donna ma non quella che sperava:

<<Buonasera, Herr Dietrich. Sono spiacente di doverle comunicare che Lady Bullseye non è in grado di rispondere al telefono e temo che non potrà farlo per molto tempo ancora.>>

-La Vedova Nera.- un’affermazione, non una domanda.

            Vorrei poter vedere la faccia di Dietrich in questo momento. Il ritmo del suo respiro e del suo battito cardiaco mi dicono che sta perdendo la sua compostezza. Natasha prosegue:

<<Se mai lei facesse del male a Harold Howard e a suo figlio, io la verrei a cercare dovunque si trovasse e prima ucciderei i suoi sicari, comprese le sue adorate ragazze, poi ucciderei lei… molto lentamente.>>

            Con chiunque altro forse la considererei una fanfaronata ma so che Natasha ne è capace e lo farebbe senza la minima esitazione. È un lato del suo carattere che non mostra molto spesso ma che mi spaventa.

            Dietrich sa che non è una minaccia a vuoto. Deglutisce e rimane silenzioso mentre si sente il clic della comunicazione interrotta. Sa bene che da quel numero non avrà più risposta.

-Credo che ci siamo detti tutto quello che dovevamo.- intervengo -Se siete saggi ve ne andrete prima di domattina, altrimenti ci rivedremo.-

            Mi avvicino alla finestra e sento la ragazza dal profumo di lavanda che si abbassa. So cosa vorrebbe fare e senza voltarmi le dico:

-Non provarci, non ci riusciresti.-

            Trattiene un attimo il respiro, poi la sento rilassarsi e sorrido. Con un balzo sono oltre il davanzale.

 

Quando arrivano le forze dell’ordine Lady Bullseye è ancora distesa sul pavimento.

-L’ha uccisa?- chiede in modo brusco un detective del Dipartimento della Polizia Metropolitana di Las Vegas.

La sua faccia ricorda alla Vedova Nera Bruce Willis dopo dodici round contro Mohammed Alì. Il pensiero la fa sorridere.

-Ho detto qualcosa di buffo?- chiede ancora lui.

-No. Detective… Rattigan, giusto?- risponde lei -È ancora viva ma resterà svenuta per un bel pezzo.- risponde la Vedova Nera.

            Non aggiunge che la scarica che Lady Bullseye ha ricevuto avrebbe dovuto in teoria ucciderla invece di metterla semplicemente fuori combattimento. Una prova in più delle sue doti non comuni.

Matt non avrebbe approvato ma lui ha sempre avuto il cuore troppo tenero ed in fondo lei lo ama anche per questo.

-Peccato. Ci avrebbe risparmiato un po’ di fastidi.- conclude il detective.

-Il suo è un commento molto cinico.-

-Mia moglie mi dice spesso che sono un dannato bastardo.-

            Natasha scoppia a ridere.

-Lei è un bel tipo Rattigan.-

-Sono solo uno che ne ha viste troppe.-

            Mentre la squadra C.S.I.[2] del LVMPD[3] comincia a fare il suo lavoro nella stanza, Rattigan guarda ancora Lady Bullseye e commenta:

-Sarà un bel problema tenerla imprigionata. Non so se abbiamo una struttura adatta.-

-In questo posso essere d’aiuto io.-

            A parlare è stato un afroamericano alto appena arrivato sventolando un tesserino.

-Agente Speciale Vernon Hatchway del F.B.S.A. Sezione Latitanti.- si presenta -Lady Bullseye è una killer superumana ricercata in più Stati per cui è di nostra competenza. Verrà detenuta alla Volta o al Raft[4] in attesa del processo e della successiva estradizione in Giappone dopo che avrà scontato la sua condanna.-

-Per me potete tenerla quanto vi pare.- ribatte il Detective Rattigan.

-Signori… e signora…- interviene il capo della squadra C.S.I. con voce pacata -… vi suggerirei di continuare fuori da questa stanza. Avete già abbastanza contaminato la scena del crimine.-

            Lady Bullseye viene rapidamente immobilizzata alla maniera di Hannibal Lecter nel film “Il silenzio degli innocenti” e trasportata fuori dalla stanza.

 La Vedova Nera rimane ad osservare mentre viene caricata in ascensore poi si rivolge al detective:

-Se non le dispiace, la saluto. Ho… una faccenda personale da sbrigare.-

Devo ancora sentire la sua deposizione.-

-Verrò più tardi alla Centrale.-

            Senza aspettare risposta, Natasha si avvicina ad uno degli ascensori. Le porte si aprono e lei entra ma invece di scendere come ci si sarebbe potuto aspettare, sale al piano superiore dove, in un elegante salotto, la aspetta un uomo.

-Devo presumere che sia andato tutto bene?- le chiede.

-Lo sai benissimo, Harold o vuoi davvero farmi credere che non hai seguito tutta la storia da una delle tue onnipresenti telecamere nascoste?-

-Touché.- ammette Harold Howard -Sei stata impeccabile come sempre, Tasha, complimenti.-

-Non è ancora finita. Dietrich potrebbe riprovarci.-

-Solo se ne avrà l’occasione. Io sono come te, Tasha: nessuno minaccia la mia famiglia e la passa liscia. Nessuno, nemmeno il Maggia.-

 

 

2.

 

 

Il sole è già sorto da un pezzo quando il trillo del mio cellulare mi sveglia. Lo raggiungo a tentoni e quando vedo il numero chiamante non posso dirmi contenta. Sospiro rassegnata.

<<Come stai, tesoro?>> mi dice la voce di donna dall’altra parte.

-Starei meglio se non fossi finita nella lista nera di un boss del Maggia[5] per colpa tua, Bumper.- rispondo seccamente.

                Bumper Ruggs, la cosiddetta regina del vizio della Costa Orientale, fa una risatina e replica:

<<Quella è una questione sistemata, non preoccuparti. Il dossier che mi hai procurato a Miami mi ha messo in condizione di trattare da una posizione di forza con la Commissione. Il contratto su di te è stato ritirato.>>

-Ben Urich me lo aveva già detto ma non sapevo che fosse stata opera tua.-

<<Finché avrai la mia protezione sarai sempre al sicuro, tesoro.>>

-Odio quando mi chiami tesoro. Non sono una delle tue ragazze e non lo sarò mai.-

<<Mai dire mai, tesoro. La vita è piena di sorprese.>>

                E non tutte sono piacevoli penso.

<<Ho ancora un piccolo favore da chiederti. >> continua Bumper.

                La ascolto e riattacco.

-Qualche problema, piccola?- mi chiede Jake Brown anche lui risvegliato dal mio telefono.

-Solo una seccatrice. Nulla di importante.- rispondo sperando di apparire convincente.

                Mi chiamo Candace Nelson e sono una giornalista. Ero venuta a Las Vegas per la cronaca di un incontro di Boxe e mi sono trovata in mezzo ad un intrigo da film noir. Non dovrei sorprendermi: mettermi nei guai è sempre stata la mia specialità.

 

                A New York una donna sente squillare il suo telefono, non quello che usa di solito, ma uno il cui numero conoscono in pochissimi ed è proprio uno di loro che la sta chiamando, uno la cui chiamata non potrebbe ignorare nemmeno se lo volesse.

-Buongiorno Mr. Howard.- dice -Presumo che abbia bisogno di quelli che lei chiama i miei talenti speciali.-

            La donna ascolta con attenzione quello che le viene detto ed alla fine replica:

-Molto bene. Posso essere al La Guardia[6] tra un’ora.-

            Non sono necessarie altre parole.

 

Me ne sto seduto al bar del Coliseum Casinò, Hotel & Resort e rifletto su quello che quello che mi ha raccontato il mio amico Matt Murdock e che conferma che dietro la facciata di un giro di scommesse truccate su un match di boxe c’è in realtà un piano del Maggia per impadronirsi di Las Vegas e dintorni.

            Nella mia mente scorrono già le parole del mio prossimo articolo quando ecco che qualcosa di inaspettato rompe la mia concentrazione.

            Apparentemente sembra una cosa del tutto normale: un uomo e due donne entrano nel locale e si siedono ad uno dei tavoli

            Le donne sono entrambe bionde, gemelle identiche, forse sulla trentina, decisamente molto belle ed altrettanto decisamente consapevoli dell’effetto che hanno sugli uomini,

L’uomo ha circa quarant’anni, capelli scuri imbiancati alle tempie, baffetti alla Clark Gable. Non l’ho mai incontrato prima d’ora, ne sono certo, ma ha ugualmente qualcosa di familiare. Forse ho visto una sua foto ma ho la sensazione che ora sia un po’ cambiato.

            Chi diavolo è? La mia curiosità è stata stimolata e quando il vostro Ben Urich diventa curioso deve trovare delle risposte.

Una delle virtù di un buon giornalista investigativo è la pazienza ed io ho imparato a svilupparla, così aspetto pazientemente che le mie prede si alzino e quindi mentre stanno uscendo uso la fotocamera del mio cellulare per scattare loro un po’ di foto sperando di non essere notato. Non saranno perfette ma magari nell’archivio del Bugle potrò trovare qualcosa se sono fortunato.

            Li vedo salire su un’auto ed accarezzo brevemente l’idea di chiamare un taxi e seguirli ma è meglio non sfidare troppo la fortuna.

            Ritorno nella mia stanza d’albergo e mi metto al lavoro collegandomi al database fotografico del giornale per vedere se trovo qualcosa. Posso sembrare un vecchio dinosauro ma so stare al passo coi tempi… o almeno ci provo.

È un’attesa lunga ma alla fine viene premiata. Le gemelle sono Goldie e Wendy Hawthorne. La prima è la proprietaria del Gentlemen’s Club, un locale di striptease, lap dance ed altri divertimenti similari. La seconda gestisce un bordello appena oltre i confini della Contea di Clark, dove la prostituzione è legale. Hanno sempre evitato guai con la legge e pagano regolarmente le tasse, due brave ragazze, per così dire.

            Non c’è nulla sull’uomo. Chiunque sia, si è mantenuto al di sotto del radar, eppure… aspetta un momento! Quella foto! È un po’ diverso, è vero ma la somiglianza è forte. C’è solo un problema l’uomo nella foto che sto confrontando con la mia è un poliziotto di New York che si presumeva corrotto ma che poi è risultato essere un infiltrato nella famiglia Bazin il cui potere ha contribuito a smantellare. Dovrei dire era perché l’uomo in questione risulta essere morto, per la precisione, ucciso per ordine e forse per mano di Philippe Bazin stesso. Non può essere lo stesso uomo che ho visto oggi… oppure si?

Il vostro Ben Urich potrebbe essersi imbattuto in un bel guaio… tanto per cambiare.

 

 

3.

 

 

Un locale notturno visto al mattino ha quasi sempre un’aria squallida ed il Gentlemen’s Club non fa eccezione.

Sono in piedi davanti al portone da un po’ quando un’auto nera si ferma e ne scendono due donne identiche.

-Scusa se ti abbiamo fatto aspettare, tesoro…- mi dice una di loro sfoderando un sorriso -… ma avevamo degli affari in città. Ti ricordi di Candace Nelson, vero Wendy?-

-Difficile dimenticarsene visto i guai che per poco non ci procurava con il Maggia.- replica l’altra -Come mai hai chiesto di vederci? hai qualche altra richiesta di Isabella?-

Isabella MacArthur è il nome con cui Goldie e Wendy Hawthorne conoscono Bumper Ruggs ma dubito che sia il suo vero nome.

-Non proprio.- rispondo -Ho qualcosa da riferirvi per conto suo che, parole sue, era meglio non dirvi per telefono.-

-Mi incuriosisci.- commenta Goldie -Vieni nel mio ufficio. Parleremo al riparo di orecchie indiscrete. E non preoccuparti per Mal, lui sa tenere la bocca chiusa.-

                Parla dell’autista, un tipo sui quarant’anni con i baffi che mentre andiamo verso l’ufficio nel retro del locale mi squadra rapidamente. Potrebbe essere il tipico sguardo di un uomo che si trova davanti una bella donna, ma c’è qualcosa in lui che mi fa pensare che non sia solo questo. Forse sono solo troppo paranoica.

-Dunque?- mi chiede Wendy con un velo di impazienza dopo essersi seduta alla sua scrivania.

                Comincio a parlare.

 

Il furgone cellulare che trasporta Lady Bullseye non arriva all’aeroporto McCarran. Preoccupato per il ritardo, l’equipaggio del volo speciale del F.B.S.A. dove la supercriminale giapponese doveva essere imbarcata allerta le forze dell’ordine locali.

Il furgone viene alla fine ritrovato nel deserto. Gli occupanti sono tutti morti tranne l’Agente Speciale Vernon Hatchway del F.B.S.A., che è ancora vivo anche se in condizioni gravissime. Lady Bullseye è semplicemente scomparsa.

Secondo i primi accertamenti, si è liberata da sola, ha ucciso i vicesceriffi di scorta a mani nude, usato una delle loro pistole sull’autista e ferito intenzionalmente Hatchway in modo da far sì che restasse vivo il più a lungo possibile. Voleva che qualcuno testimoniasse che niente e nessuno poteva trattenerla contro la sua volontà.

Poche ore dopo, grazie alle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto, si scopre che una giovane donna giapponese i cui connotati corrispondono a quelli di Maki Matsumoto, il probabile vero nome di Lady Bullseye, si è imbarcata su un volo delle Hawaiian Airlines diretto a Honolulu dove si perdono le sue tracce. Si presume che abbia preso un volo per il Giappone.

Un attento esame delle riprese delle telecamere avrebbe potuto permettere di scoprire che se è vero che Lady Bullseye ha lasciato Las Vegas un uomo ed una donna sono arrivati lo stesso giorno da località diverse ma con obiettivi molto simili. Si sfiorano senza notarsi e badare l’uno all’altra. Forse un giorno si incontreranno ancora ma non oggi.

La letale killer asiatica è ancora libera ma qualcun altro di altrettanto pericoloso è ora a Las Vegas.

 

Seduto sul divano ascolto le ultime notizie ed il mio volto deve esprimere fin troppo bene quello che penso perché Natasha posa una sua mano sulla mia e mi dice:

-Non è stata colpa tua, Matt.

-Se invece di perdere tempo con Wolf Dietrich avessi seguito il furgone, forse ora gli agenti sarebbero ancora vivi e Lady Bullseye in prigione.- ribatto cupo.

-Avrei dovuto farlo io… e meglio ancora, avrei dovuto ucciderla. Stare con te mi ha reso più tenera. Matt.-

            Sorrido quasi istintivamente mentre replico:

-Ed è così grave?-

-Per una supereroina a tempo perso e Vendicatrice di Riserva, forse no, ma per una superspia internazionale? Potrebbe rovinarmi la reputazione, non sarei più la spietata Vedova Nera.-

Credevo che avessi lasciato quel ruolo a Yelena Belova.-

-Ne ha ancora di strada da fare, quella ragazzina. Non sono ancora pronta per la pensione.-

-Allora non dovresti avere problemi ad accompagnarmi a fare un giretto per i tetti della città.-

-Perché no? Un po’ di attività fisica prima di cena non è per nulla una cattiva idea anche se avrei anche altre idee al riguardo.-

            Mi bacia e mi spinge giù sul divano.

 

 

4.

 

 

            L’uomo dal fisico robusto ed il volto incorniciato da una folta barba nera esce dall’aeroporto McCarran e si dirige al parcheggio dei taxi quando un’auto gli si affianca e dal sedile del guidatore arriva una voce maschile:

-Scommetto che sei Johnny Tower.-

            A parlare è stato un uomo dai capelli e baffi neri e le tempie imbiancate.

-E se lo fossi?- replica, secco, l’altro.

-Ti inviterei a salire e ti porterei al Gentlemen’s Club dove ti starebbero aspettando due belle signore.-

            L’uomo non dice nulla ma si limita a salire nell’auto. Il guidatore abbozza un sorriso ed aggiunge:

-Hai un’aria familiare. Ci siamo già incontrati per caso?-

-No.-

Uomo di poche parole? Bene, perché io parlo già abbastanza. Mi chiamo Malcolm Peterson e se devi piazzare una scommessa sono l’uomo che fa per te.-

            Il nuovo venuto rimane in silenzio con un’espressione che pare scolpita nella pietra. Peterson scrolla le spalle. Pochi minuti dopo parcheggia l’auto davanti all’ingresso del locale ai limiti del deserto e si rivolge di nuovo al suo passeggero:

-Seguimi.-

            Mentre attraversano il locale ancora vuoto, Peterson scruta il nuovo venuto e si accorge che sta dando una rapida ma attenta occhiata al luogo valutandone rapidamente i vari aspetti.

Un vero professionista, pensa, non un semplice gangster. Ha un addestramento specifico, deve essere un ex poliziotto o militare. Quegli occhi, quello sguardo glaciale, lui li ha già visti, ne è certo, ma dove?

            Si fermano davanti ad una porta e Peterson bussa, poi, senza aspettare risposta, apre ed entra in un salottino dove ad aspettarli ci sono due donne evidentemente gemelle identiche.

-E così questo è il tizio di cui ci ha detto Isabella, l’amico di Mickey Fondozzi.- commenta una delle due -Ha l’aria di essere un duro di quelli veri.-

-Già- replica l’altra -E non è neanche tanto male anche se non sembra di primo pelo.-

            L’uomo rimane impassibile. È quello che ha detto di chiamarsi Peterson a rompere il silenzio:

-Le gemelle Hawthorne hanno sempre voglia di scherzare. Ti abituerai se resterai abbastanza da queste parti.-

            L’altro si limita ad annuire.

-Parli poco eh?- dice una delle gemelle -Nulla da dire al riguardo. Mi sono sempre piaciuti i tipi forti e silenziosi. Ti chiami Johnny Tower, giusto? Una vecchia amica mi ha chiesto di trovarti una sistemazione qui a Vegas, qualcosa di discreto. Sei in fuga da qualcuno, dalla Legge, forse?-

            Nessuna risposta.

-Beh, in fondo non sono affari nostri. Credo che Wendy possa trovarti un posticino dove nessuno penserà a cercarti.-

            L’uomo si limita ad annuire.

 

            Wolf Dietrich entra nel piccolo studio della suite che ha affittato in uno dei migliori hotel di Las Vegas e si ferma di colpo: la finestra è aperta e sulla scrivania è piantato un sai giapponese.

            In quel momento una lama affilata si posa sulla sua gola mentre una voce femminile alle sue spalle dice:

-Non si muova Herr Dietrich e non chiami nemmeno aiuto. Il solo risultato che avrebbe sarebbe la sua morte immediata seguita da quella di chiunque accorresse, comprese le sue amate ragazze.-

-Elektra.-

-Così mi chiamano e se mi conosce, sa anche che le mie non sono vanterie.-

-Se fossi venuta per uccidermi, lo avresti già fatto, quindi che cosa vuoi?- replica Dietrich apparentemente impassibile.

-Chi mi ha chiesto di farle visita, vuole che le dia un avvertimento: lei e le sue ragazze avete tempo fino a mezzanotte per lasciare Las Vegas abbandonando ogni vostro piano per la città. Se non lo farete, vi ucciderò.-

-Ti stai mettendo contro il Maggia, lo sai?-

-Mi sono messa contro la Mano, che è molto più temibile. Pensa davvero che avrei paura di un consorzio di comuni criminali?-

            Dietrich non risponde. Si accorge che la pressione della lama alla sua gola è cessata lasciando un rivolo di sangue scorrere verso la sua camicia. Si volta con tutta la velocità permessa dalla sua mole ma non c’è nessuno. Elektra è scomparsa come un cupo fantasma.

 

Diario del Punitore. Sono arrivato a Las Vegas dopo un contorto giro per far perdere le mie tracce e viaggiando con documenti ed identità false, precauzioni necessarie visto che mi stanno dando la caccia i federali ed un bel po’ di famiglie criminali.

Il mio vecchio alleato Mickey Fondozzi mi ha trovato alloggio in un bordello legale appena fuori dai confini della Contea di Clark. Lynn Michaels non approverebbe ma non ho bisogno del suo parere e di certo è l’ultimo posto dove chiunque mi cercherebbe.

L’unico problema potrebbe essere l’uomo che mi ha portato qui. Potrebbe avermi riconosciuto come io ho riconosciuto lui e denunciarmi alle autorità anche se ho la sensazione che non lo farà.

Se i miei informatori hanno ragione, c’è in atto un complotto della malavita organizzata per riprendere il controllo di Las Vegas, ma non accadrà se potrò impedirlo.

Pare che tra i partecipanti al complotto ci sia Nicholas Cavella, il solo sopravvissuto della sua famiglia di gangster. Gli altri li ho uccisi io e lui mi è sfuggito solo perché non era a Chicago quel giorno. Questa potrebbe essere l’occasione buona per completare un lavoro lasciato incompiuto ed io detesto i lavori incompiuti.

Ho aspettato pazientemente l’arrivo di Mickey con il mio furgone speciale e quando è arrivato nel luogo deserto fissato per l’appuntamento, sono salito a bordo e la prima cosa che ho fatto è stato sbarazzarmi della barba finta.

-Salve Frank.- mi ha salutato Mickey -Tutto a posto?-

-Hai portato tutto il necessario?- gli ho chiesto.

-Tutto il tuo arsenale al completo. Potrai scatenare una guerra come tuo solito.-

            Mi sono infilato la mia tuta da lavoro, ho controllato le armi ed ho detto semplicemente:

-Andiamo.-

            Non ho intenzione di scatenare guerre a meno che non sia inevitabile, ma solo di eseguire alcune condanne a morte emesse dal solo tribunale di cui mi interessa il verdetto: il mio.

 

 

5.

 

 

            Conosco bene il mondo della boxe. Quando ero bambino sgattaiolavo spesso nella Palestra Fogwell per seguire gli allenamenti di mio padre oppure lo seguivo di nascosto nelle arene per vederlo battersi negli incontri ufficiali. Il vecchio Pop Fenton, che all’epoca non era poi tanto vecchio se non agli occhi di un bambino, faceva finta di nulla e lasciava che arrivassi anche a bordo ring. Mio padre non avrebbe voluto. Devi studiare Matt, diventare qualcuno, non un fallito come tuo padre, mi diceva sempre.

Ho fatto come volevi tu, papà: sono diventato un avvocato rispettato ed ammirato, ma ti ho anche tradito perché sono anche diventato un vigilante mascherato. Avresti approvato? Mi piace pensare di sì.

            Perché sto pensando a te proprio adesso, papà? Proprio mentre sono sul tetto della casa di Nick Cavella e lascio ai miei sensi il compito di illustrarmi la scena intorno a me meglio che se la vedessi?

Forse è perché Robert Baldini mi ricorda te vent’anni fa, quando il tuo manager ti aveva imposto di perdere l’incontro decisivo. Sarebbe stato facile e tu avresti guadagnato un sacco di soldi ma non potevi farlo, non è vero? Non potevi a costo della vita. Robert Baldini è come te, uno che non cede ai ricatti, che vuol fare la cosa giusta, ti sarebbe piaciuto.

            Improvvisamente le mie riflessioni sono interrotte da un elemento nuovo, un profumo femminile che conosco. L’ho già sentito prima e so a chi appartiene.

            Mi getto in avanti mentre un pugnale passa sopra la mia testa. È quasi impossibile sorprendermi se non si hanno superpoteri in grado di tener testa ai miei supersensi e non sono in tanti a saperlo fare.

            Mi giro di scatto ed il mio senso radar inquadra la figura di una donna che viene verso di me. Impugna qualcosa che comprendo essere una pistola. Mi muovo rapidamente e lancio il mio bastone disarmandola.

-Niente armi, Miss.- le dico mentre il bastone ritorna nella mia mano.

-Sei davvero in gamba come mi hanno detto, Devil.- replica lei avvicinandosi -Peccato che siamo nemici.-

            Il suo profumo si fa più intenso, troppo intenso. Intasa il mio odorato, confonde gli altri miei sensi, Non è un profumo normale ma l’ho capito forse troppo tardi.

-Davvero un peccato.- sussurra ma per me la sua voce è un rombo di tuono.

            È come quando i supersensi si manifestarono la prima volta dopo che divenni cieco. Imparai a controllarli allora e ci devo riuscire anche adesso.

            Con quello che mi sembra uno sforzo enorme colpisco il polso della donna e sento cadere al suolo qualcosa di metallico. Un altro coltello.

-Ammirevole!- commenta lei -Nessuno si era ripreso così presto.-

            Sto per risponderle che non sono come gli altri, quando mi blocco. I miei sensi sono tornati a livelli abbastanza normali ed ora sento una presenza nuova. Qualcuno appena arrivato e che conosco bene.

            In un lampo urlo:

-Giù!- e spingo la ragazza in avanti.

            Appena in tempo: sento un proiettile soffiare sopra la sua testa.

 

            Diario di guerra del Punitore. Il destino mi aveva riportato a confrontarmi con Devil, una cosa che avrei preferito evitare. Lui e gli altri cosiddetti benefattori in costume dal cuore tenero hanno il vizio di complicare la mia missione.

-Quella che stai proteggendo è una killer del Maggia e voleva ucciderti.- gli dissi -Ne vale la pena?-

            Lui mi guardò in quel modo strano che aveva per cui sembrava al tempo stesso che non mi vedesse davvero e che mi scrutasse nel profondo. Quando mi rispose la sua voce aveva un tono calmo e deciso.

-Non spetta a te decidere chi merita di morire, Frank. Esiste un sistema che si occupa dei criminali.-

-Un sistema che ha fallito ed è per questo che ci sono io ed altri come me.-

            Eravamo in stallo: non potevo certo sparare a Devil solo perché aveva il cuore troppo tenero e lui non poteva cercare di disarmarmi senza correre il rischio di far scappare la ragazza.

            Mentre riflettevo sul da farsi mi accorsi della scia rossastra di un mirino laser puntato su di me. Un secondo dopo sentii una forte botta al petto.

 

            Mentre cammino lungo lo Strip[7] immerso nelle mie riflessioni non mi accorgo dell’uomo che mi sta seguendo finché non è troppo tardi e sento la sua mano posarsi sulla mia spalla mentre la sua voce mi dice:

-Mr. Urich, credo che noi due dobbiamo parlare.-

            Mi giro di scatto pronto al peggio ma mi rilasso vedendo l’uomo davanti a me, lo stesso che ho visto stamattina e che evidentemente si è accorto che l’ho fotografato. Se è davvero chi credo non ho nulla da temere da lui… spero.

            Sospiro e replico:

-Lo credo anch’io… Agente Powell.-

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Cosa dire? La storia sarebbe dovuta finire con questo episodio ma il Punitore ed Elektra hanno voluto a tutti i costi dire la loro ed io proprio non ho potuto dire di no.

            Nel prossimo episodio un bel po’ di nodi verranno al pettine… finalmente.

 

 

Carlo



[1] Su Daredevil #11.

[2] Crime Scene Investigation

[3] Las Vegas Metropolitan Police Department,

[4] Carceri speciali per superumani.

[5] Cartello internazionale del Crimine Organizzato.

[6] Uno dei due più importanti aeroporti di New York.

[7] Il famoso viale di Las Vegas e dintorni che ospita i più importanti hotel e casinò della città.